Le priorità di un cavallo


Sono solita discutere tanti argomenti, ma quello che mi preme di più in assoluto, è la gestione del cavallo.

In natura, il cavallo vive allo stato brado, in branchi: famiglie in cui i membri non entrano ed escono casualmente, come poi succede in cattività.  Nel corso della storia, l’uomo ha strappato agli animali un enorme quantità di spazio e questo ha drasticamente ridotto gli habitat naturali di tutte le specie. Non è quindi più fisicamente possibile avere numerosi branchi di cavalli selvaggi che abbiano la possibilità di vivere in piena autonomia. Con la domesticazione del cavallo, avvenuta circa 5 mila anni fa, l’uomo ha modellato la vita di questo animale per ottenere comodità ed efficenza. Sono nate le scuderie, le recinzioni, le ferrature, i finimenti, una dieta ricca di cereali e un percorso di addestramento ai fini di servire l’essere umano. Tutto questo ha avuto numerosi vantaggi: niente più bisogno di scappare dai predatori, cibo e acqua assicurati e cure veterinarie. Ma ha anche fatto si che si perdesse l’essenza di specie di questi animali: vita gregaria, movimento continuativo in spazi aperti, un alimentazione adeguata… portando nuove patologie, stereotipie e una condizione di stress generalmente molto alta. A questo si aggiunge un addestramento per lo più basato sulla sottomissione piuttosto che sull’interpretazione del linguaggio equino. 

“Niente può rimpiazzare quello che il cavallo ha perduto, ma se potessimo almeno imparare a trattarlo con il rispetto che merita, faremmo un passo nella giusta direzione.” (Dal libro “Al galoppo verso la libertà”)

Vedo moltissime persone che lavorano con i cavalli da decenni, non avere chiaro cosa sia veramente un cavallo. Non possiamo tornare alle praterie di un tempo ma dobbiamo trovare un compromesso tra i nostri obiettivi e i bisogni del cavallo. Ormai è stata normalizzata una gestione scorretta e logorante in cui il protagonista è la stabulazione totale e l’isolamento dell’animale.

Se parlassimo di bambini, credo e spero, che saremmo tutti d’accordo nel dire che ogni bambino ha bisogno di socializzare, sperimentare, stare all’aperto, divertirsi e imparare con gentilezza. Un buon genitore vuole che suo figlio sia protetto dai pericoli ma non lo chiuderebbe mai in camera per gran parte della giornata. Non negherebbe a un figlio amici e giochi perché “inciampa, lo prendono in giro, non è in grado di fare da solo…” Eppure un concetto così semplice diventa estremamente controverso quando si parla di animali gregari e con geni ancora molto selvatici. Come è possibile? 

lo credo che questo continuo giustificare il proprio modo di tenere i cavalli con frasi come: “non tutti i cavalli possono… non tutti i cavalli vogliono..” non sia altro che un modo di auto convincersi di avere la coscienza pulita. Gravissimo è il fatto che i primi a proporre una gestione totalmente de-naturalizzata del cavallo siano i cosiddetti “professionisti”. | famosi intoccabili esperti che siccome alle spalle hanno un paio di medaglie sono onniscienti in materia di cavalli. Ma per ottenere quelle due medaglie non c’è bisogno di studiare etologia, leggere articoli o osservare dei cavalli in libertà. Basterebbe scrivere su google “come dovrebbe vivere un cavallo” per poter capire che siamo su una strada totalmente sbagliata.

Quando sentite qualcuno dire “al mio cavallo non piace stare in paddock, vuole subito rientrare” state sicuri che le motivazioni sono: il cavallo non è mai stato abituato e va quindi in panico, è stato messo in un paddock più piccolo del suo box, non aveva nessun arricchimento ambientale che gli permettesse di sfuggire alla noia, è stato messo da solo, non aveva nessun riparo dal sole, dal vento, dagli insetti…Trovo assurdo che nel 2023, con tutti i progressi scientifici e le ricerche facilmente reperibili da chiunque, ci si trovi a discutere di ciò che è meglio per un animale. Io per prima vorrei per i miei cavalli un branco più numeroso e qualche arricchimento in più. Non sono assolutamente convinta di essere arrivata alla gestione ottimale, ma come ho già detto, bisogna trovare un compromesso tra noi e loro. Il compromesso non può e non deve però essere la scuderizzazione totale dell’animale. 

In natura un cavallo passa la maggior parte del suo tempo a mangiare, quasi la totalità della giornata. Questo avviene ingerendo piccole quantità di cibo strappate da terra e camminando per lunghi spazi (può percorrere anche 30/40km al giorno). Ma il cavallo senza il suo branco, non sopravviverebbe; e senza la sicurezza di quest’ultimo, nutrirsi diventa secondario. Per cui spazio, cibo e compagnia diventano un cerchio di bisogni che si influenzano a vicenda. A incrementare ciò che ho scritto, ci sono delle linee guida fondamentali per noi proprietari, una sorta di check list dove ogni punto deve essere soddisfatto; « le 5 libertà degli animali »:

-Libertà dalla sete, dalla fame e dalla cattiva nutrizione.

-Libertà di avere un ambiente fisico adeguato.

-Libertà dal dolore, dalle ferite, dalle malattie…

-Libertà di manifestare le caratteristiche comportamentali.

-Libertà dalla paura e dal disagio.

In una gestione NATURALIZZATA (e non “naturale”, come spesso si sente dire), sono molte le accortezze che possiamo adottare per aiutare il cavallo a mettere in pratica questi bisogni di specie: utilizzare reti slow feeder che permettano al cavallo di avere accesso al fieno h24; fare inserimenti graduali e ragionati, dando stabilità e sicurezza al cavallo; avere sufficiente spazio per permettere al cavallo di muoversi liberamente; provvedere a creare arricchimenti ambientali che stimolino il bisogno di esplorare e allenino le abilità cognitive…. tante piccole cose che piano piano andrò ad approfondire. Questo è il minimo indispensabile che ci viene richiesto di provvedere una volta che decidiamo di prenderci la responsabilità di un’altra vita; una vita a cui chiediamo moltissimo e che per colpa dell’essere umano non può più vivere secondo la sua natura al 100%. Quando subentra la relazione con l’uomo aggiungerei che diventa prioritario impostare una comunicazione comprensibile e gentile e un’attività fisica che rispetti i suoi limiti e la sua biomeccanica.

In più ci tengo ad aggiungere che una gestione corretta risolve la maggior parte dei problemi, aiutandoci incredibilmente nel lavoro che poi facciamo da sella o da terra. 

Sono tante cose e si può sempre migliorare, ma ricordiamoci che prendersi un cavallo non è obbligatorio e che loro non ci devono niente in cambio delle nostre cure.

Voi riuscite a dare tutto questo ai vostri cavalli?

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